Vania Ricci
Interviste

La Dott.ssa Vania Ricci si racconta

La dottoressa Vania Ricci collabora con Ohana in qualità di ortottista. Marta Mariani l’ha intervistata per noi e le ha dato modo di illustrarci meglio di che cosa si occupa.

Vania Ricci, tu sei una ortottista esperta nei disturbi motori degli occhi. Potresti parlarci più diffusamente del tuo lavoro e di ciò di cui ti occupi?

Certo! Io, sostanzialmente, accompagno i genitori e i loro bambini in un percorso che mira ad un corretto sviluppo delle abilità visive. Tali abilità sono molteplici.

Il canale visivo, infatti, porta le informazioni al cervello e contribuisce ad uno sviluppo psicomotorio funzionale ed armonico.

La visita ortottica è fondamentale soprattutto nei bambini, come indagine preventiva per identificare alterazioni motorie e sensoriali del sistema visivo. Può essere utile anche in età adulta, per individuare disturbi che inducono la visione doppia, alterazioni del campo visivo e anomalie posturali.

L’ortottista lavora sempre in sinergia con tutte le figure che ruotano intorno al bambino. Come clinico, è a stretto contatto con l’oculista, che ha un’esperienza mirata alla fascia d’età evolutiva, ed è in grado di prevenire, valutare e riabilitare i disturbi che riducono o impediscono la visione binoculare. Tra questi disturbi ci sono, ad esempio, l’ambliopia (il cosiddetto «occhio pigro») e lo strabismo.

Quindi io mi occupo anche di prevenire, valutare e riabilitare le disabilità visive gravi, cioè «l’ipovisione», sia degli adulti che dei bambini.

Le mie consulenze hanno lo scopo di migliorare le capacità motorie di percezione visiva in quei pazienti dislessici, affetti da disturbi di apprendimento. Lo scopo è quello di aiutarli nella lettura e nella scrittura, migliorando il loro comfort visivo. Va detto poi, che il mio lavoro può giovare a chi passa molte ore al computer o su dispositivi digitali. Queste persone, di un numero ormai sempre crescente, possono talvolta presentare la cosiddetta «astenopia», ovvero la sindrome da affaticamento visivo.

Tra le altre cose, l’ortottista segue alcuni sportivi che intendono potenziare in modo mirato le proprie capacità visive. Si tratta di un’occasione preziosa, che gli atleti spesso colgono per migliorare le loro prestazioni.

In linea generale io collaboro con altre figure mediche per stabilire i percorsi riabilitativi in pazienti neurologici o che hanno patito dei traumi cranici. Per le scuole, come per le associazioni (non solo sportive), organizzo degli screening preziosi, a scopo preventivo e terapeutico. Lavoro quindi al fianco del medico oculista e la nostra sinergia serve alla corretta valutazione di difetti visivi complessi, ma anche alla efficace esecuzione di esami strumentali specifici.

Mi spiegavi poco fa che hai sempre voluto dedicarti professionalmente ai bambini, nonostante la tua esperienza nella chirurgia refrattiva. In che modo riesci a fare prevenzione e a guidare i bambini ad un sano sviluppo psico-somatico e motorio?

Sì, appena uscita dall’università sono stata assunta da un centro di chirurgia refrattiva, facendo anche un’esperienza all’estero, a Londra, avviando o formando del personale. La mia laurea mi ha permesso di effettuare questo percorso perché prevede anche l’assistenza oftalmologica.

Oggi infatti anche in questo campo riesco ad essere utile a chi me lo richiede collaborando con uno dei centri con cui ho lavorato.

I bambini, a dire il vero, sono stati per me lo stimolo principale. È per loro che ho intrapreso il percorso che sto tuttora proseguendo. In privato, a Roma, riuscivo a visitarli collaborando con un oculista e una pediatra. L’oculista con cui lavoravo aveva la lungimiranza di prescrivere la visita ortottica di routine praticamente a tutti.

La visita in sé è persino divertente, ci sono de giochi, delle luci colorate, dei sistemi diagnostici, insomma, che prevedono aspetti ludici ma che per noi sono assolutamente rivelatori.

Noi operatori riusciamo a capire molte cose da un semplice “gioco” come quelli utilizzati in visita. Rileviamo dati essenziali sullo sviluppo visivo e percettivo dei nostri giovani pazienti e ci assicuriamo che le facoltà visive stiano progredendo in maniera corretta. Altrimenti, si può intervenire tempestivamente, che per me vuol dire “prima dei tre anni di età”.

Come avviene lo screening di disturbi visivi di bambini molto piccoli? Voi ortottisti, tu mi dici, avete dei giochi, degli strumenti “ludici” per le valutazioni e le diagnosi?

Sì. Chiaramente. È importantissimo per noi valutare i riflessi della luce negli occhi, la coordinazione occhio-mano, occludere un occhio e poi l’altro e osservare il bambino come reagisce. Osserviamo molto attentamente il bambino nello spazio, vediamo se gattona, come si orienta. Per fare un gioco di parole, direi che abbiamo ormai affinato un “occhio clinico” per questi dettagli parlanti.

«Sono molto attenta alla prevenzione!»

È da più di un anno che investo sulla prevenzione. Utilizzo uno strumento di ultima generazione, direi, che per mezzo di una semplice “foto” dà molte indicazioni. Da queste informazioni si ricava una pista diagnostica che noi seguiamo e approfondiamo con una successiva visita, sia oculistica, sia ortottica. È un mezzo importante per indagare sulla refrazione di un bambino anche di 4 mesi di vita! Incredibile, no?

C’è qualche caso che, nella tua carriera di clinico, ti è rimasto impresso? Ti va di raccontarci un po’ della tua esperienza?

Mentirei se ti dicessi il contrario.

Ogni bambino ha fatto parte di un’esperienza che mi ha dato la possibilità di aiutarne altri.

Ti racconto volentieri della piccola C. perché è il caso che racconta come i genitori alcune volte siano davvero impossibilitati ad accorgersi dei segnali visivi dei figli.

Lei aveva 4 anni, era una bimba mite, timida e poco attiva, così la descriveva la mamma. Da poco erano stati in un parco divertimenti molto famoso, ma nonostante le numerose attrazioni, la bimba aveva dormito quasi sempre.

L’incredibile scoperta!

In visita, metto la bambina davanti allo strumento che rileva il difetto di vista in modo computerizzato. Vedo un valore difficile da credere e penso ad un falso positivo, dovuto all’accomodazione messa in atto dai bambini. Ripeto l’esame ma il valore rimane invariato, lo ripeto di nuovo ma il risultato è lo stesso.

Lo strumento di mostrava una miopia di circa 10 diottrie in entrambi gli occhi.

Ho ancora stampata nella mente la sorpresa di C. quando con le lenti correttive trova il mondo intorno radicalmente cambiato! Ricordo le lacrime della mamma. Soprattutto, ricordo la gioia di vedere la bimba sbocciare e tornare per la seconda volta al parco acquatico, divertendosi come non mai con i suoi nuovi occhiali, che sono stati una porta verso il mondo e verso la realtà.

La frase di C. pochi giorni dopo la visita credo che non la dimenticherò mai. Disse al genitore: «mamma, le farfalle sono colorate!».

farfalle colorate

Credo che questo ricordo mi rimarrà per sempre scolpito nel cuore. Oggi C. è una donna bellissima e sono felice di averla aiutata a sbocciare! Quindi, capisci bene, ora, perché cerco di visitare i bambini ben prima dei 4 anni.

Alla luce della tua esperienza, c’è qualche consiglio che daresti ai genitori di figli con disturbi di apprendimento?

Mi confronto costantemente con il problema dei disturbi di apprendimento, non solo come professionista. Quello che mi sento di dire è che ci vuole molta pazienza. Ci vuole il desiderio di comprendere pienamente, la volontà di far sentire compresi i nostri figli. Per noi genitori, questa è la missione più grande, perché la loro autostima è spesso fortemente minata.

Da terapista, posso assicurare ai genitori che alcuni bambini con disturbi dell’apprendimento hanno una percezione visiva diversa.

Compiono dei movimenti oculari non del tutto coordinati, che comportano indubbie difficoltà nella lettura e nella scrittura. Si tratta di problemi che causano un grave dispendio energetico in attività “scolastiche” fondamentali. Tutto ciò genera necessariamente una certa stanchezza. La stanchezza è davvero uno dei sintomi più frequenti.

Come figura clinica, io metto a disposizione la mia competenza e la mia professionalità per individuare il problema e adottare soluzioni idonee ai singoli casi. Per questo, mi sento di dire ai genitori di rivolgersi a figure specializzate, perché così potranno aiutare davvero i loro figli.

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